Guido mi aveva inviato questo suo intervento su un giornale, purtroppo senza specificarmi quale. Riporto il suo intervento tale e quale. Sono sicuro che solleciterà le vostre riflessioni.
Ancora su Democrazia e Teocrazia
Caro Direttore,
rispondo ad alcuni (pochi peraltro) lettori, che mi hanno contattato, grazie all’e-mail riportata in calce alla mia del 10-7 su democrazia e teocrazia e riaffermo l’intrinseca impossibilità di accordo tra tali due poteri.
Il dato di fondo, che molti in buona fede dimenticano, è che, al di là delle presunte libertà di parola, di stampa, di voto e di pensiero (ovviamente), garantite dalla Democrazia (e dagli altri governi libertari), c’è alla base di essa un unico e preciso valore su cui si decide e si costruisce tutto: la politica, la società e la legge. Questo valore non ha nulla a che vedere con le libertà suddette e meno ancora con l’intelligenza o la competenza degli individui che le esprimono o il clima pseudo idilliaco in cui le vivono.
Questo valore è la mera, volgare e becera quantità, altrimenti detta maggioranza o consenso.
Infatti, alla fine del “libero scambio dialettico”, in democrazia si va fatalmente alle elezioni, dove vincono semplicemente i tanti (poco importa chi siano) e spariscono d’un tratto le ragioni della logica e della dialettica a favore di una gratuita, emotiva e del tutto surrettizia e massificante uguaglianza.
In un vero (originale e totale) confronto dialettico le due o più posizioni in campo, pur sostenendo le proprie tesi, si affrontano nel tentativo di conquistare una “verità” nuova ed esaustiva per tutti, che può superare (trascendere?) quelle di partenza, che sono tutte, per definizione e tacitamente, dinamiche e migliorabili.
In democrazia invece ciascuno persegue l’obiettivo di far passare la propria tesi senza cambiarla, convincendo il maggior numero degli “aventi diritto” che quella sia giusta; il mezzo è la convinzione, mentre il fine è il trionfo di una tesi di partenza che resta del tutto immodificata. Dunque non c’è crescita, non si ricerca una nuova, condivisa e più ricca verità, visto che ce né già una buona in partenza e il problema in fondo è solo “eleggerla”.
In conclusione è facile dimostrare che in Democrazia non vincono i migliori, cioè i competenti o i saggi, perché, essendo per disgrazia in pochi e incompresi, non possono nulla sulla retorica della beceraggine e del qualunquistico “una testa un voto”. In Democrazia perciò vincono i tanti, cioè i …………. peggiori.
E non vincono neppure i religiosi o gli spirituali a meno che non siano essi stessi in tanti (casualmente e raramente talvolta capita). Voglio dire che la legge divina (religione), essendo l’espressione di verità tramandate o rivelate, onnicomprensive e perciò integraliste (immanenti più trascendenti), vere in se e basta (fideistiche), per nulla democratiche (quantitative) e men che meno scientifiche (dimostrabili e razionali), non può necessariamente accordarsi con altro, pena la sua contraddizione.
Sia chiaro che non sto dando contro la religione, anche se il tono può farlo supporre.
E’ una questione di rigore. Dati certi presupposti le deduzioni sono scontate. Ribadisco che sia nel vecchio sia nel nuovo testamento giustamente e doverosamente non c’è apertura alcuna al metodo democratico. La fede non deve essere avallata o dimostrata, tanto meno dalla quantità, ma deve essere accettata e applicata tale e quale. E’ il suo bello e il suo brutto in fondo. Aborto, divorzio, eutanasia ma anche nucleare, economia, tassazione, scuola e tutto il resto “temporale” si possono decidere “laicamente e democraticamente” a maggioranza, oppure applicando teocraticamente, che so, il vangelo, che ovviamente anche di questo, mutatis mutandis, si occupa. Se del caso il capo teocrate di turno lo interpreterà e deciderà sul da farsi per il bene di tutti, senza alcun altro avvallo esterno.
Parallelamente nella mitica, geniale, insuperata e, ahimè, inapplicata “Repubblica Platonica”, a Dio si sostituisce l”episteme” (verità) e al teocrate il filosofo ma il resto sostanzialmente non cambia e permane soprattutto l’incompatibilità o, meglio, l’orrore per la democrazia.
Guido Martinoli
guido.martinoli@libero.it

Ingegnere con la passione della filosofia!