mercoledì 29 Novembre 2023
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L’iniziativa di Orlando Franceschelli

Viviamo in tempi in cui, più che mai, avvertiamo che la filosofia debba essere presente, come riflessione e come testimonianza. Il pensare non si esaurisce dietro le cattedre o riempie un tempo che solo banalmente chiamiamo ‘libero‘.
Orlando ha lanciato la proposta, aperta a tutti, di un flashmob filosofico che stimola a contributi che, a partire dalla pandemia in corso, investano il senso del nostro stare al mondo, al cospetto della natura. Orlando suggerisce anche che può essere un’opportunità per migliorare noi stessi.
Mi sembra più corretto rimandare alla pacata, profonda meditazione espressa da Orlando tramite due siti:

In questo articolo raccolgo i contributi, su invito dello stesso Orlando, che nel frattempo hanno elaborato Augusto Cavadi, Elio Rindone e Francesco Dipalo.
L’obiettivo è proprio quello di socializzarlo a tutti gli amici delle vacanze filosofiche.
Se volete contribuire potete farlo inserendo i vostri commenti alla pagina del Centro della filosofia italiana sopra riportata.


Augusto stesso ha introdotto l’iniziativa di Orlando in questo modo:

Tutti si preoccupano di suggerirci cose da ‘fare’ in tempi di quarantena. Bene. 
Ma ci sarebbe anche qualcosa da NON ‘fare’: 
da non fuggire il vuoto impostoci, le pause forzate. 
Ci sarebbe da sopportare, affrontare, coltivare gli spazi di silenzio involontario; 
approfittarne per rivedere criticamente ciò che siamo stati, 
che siamo nel presente
e che vogliamo essere nell’immediato futuro. 
Il nostro amico Orlando Franceschelli invita chi ama la filosofia autentica
 (che abita le aule accademiche e scolastiche, ma non sempre né soltanto) 
alla riflessione e – se lo si desidera – alla condivisione.

(18 marzo 2020)

Ancora prima Augusto si era domandato se il Coronavirus doveva essere inteso come un castigo di Dio. Indovinate la risposta?
Padre nostro se sei nei cieli: preghiera laica antivirus – 9 Marzo
e sta anche sul sito di ZeroZeroNews

E ancora:
Sciacalli del coronavirus che saccheggiano le coscienze 15 marzo
L’articolo più recente riguarda il ‘fuggire’ in tempi di quarantena:
FUGGIRE DALLA QUARANTENA FORZATA IN CASA? – 20 marzo


Anche Elio Rindone ha voluto dare il suo generoso contributo, che potete leggere nel sito del Centro della filosofia italiana, nella pagina dei commenti:
Centro della filosofia italiana – appello di Orlando con i commenti
o in una versione aggiornata che mi ha inviato e che qui riporto per intero:

Condivido la proposta dell’amico Orlando Franceschelli di considerare il difficile momento di crisi che stiamo vivendo come un’occasione per riscoprire l’attualità della pratica della filosofia intesa come ‘ricerca del sapere-saggezza’. Credo, infatti, che oggi più che mai sarebbe opportuno, come suggerivano le grandi scuole dell’antichità, riservare uno spazio quotidiano alla meditazione filosofica. E mi pare bene, anzitutto, ricordare che la saggezza non si acquista in poco tempo ma grazie a un lungo esercizio e ha normalmente bisogno di nutrirsi della lettura di testi che aiutino a vedere la realtà quale effettivamente è, strappandoci dalle banalità dell’opinione corrente.

Leggere, poi, non significa sfogliare velocemente delle pagine per cercare informazioni sui più svariati argomenti o per conoscere le opinioni altrui ma rivedere le proprie scelte di vita alla luce di idee che possono anche metterle in questione. E non è facile, perché – come scrive un noto studioso del pensiero antico – “non sappiamo più leggere, ossia fermarci, liberarci dalle nostre preoccupazioni, ritornare a noi stessi, meditare con calma, ruminare, lasciare che i testi ci parlino. È un esercizio spirituale, uno dei più difficili. <La gente, diceva Goethe, non sa quanto tempo e quanto sforzo costi imparare a leggere. Mi ci sono occorsi ottant’anni, e non sono neanche in grado di dire se ci sia riuscito>” (P. Hadot, Esercizi spirituali e filosofia antica, Torino 2005, p 68).

Fare filosofia – prosegue lo stesso autore – significa dunque “passare da uno stato di vita inautentica, oscurata dall’incoscienza, rosa dalla cura e dalle preoccupazioni, a uno stato di vita autentica, in cui l’uomo raggiunge la coscienza di sé, la visione esatta del mondo, la pace e la libertà interiori. […] Questa è la lezione della filosofia antica: un invito per ogni uomo a cambiare se stesso. La filosofia è conversione, trasformazione della maniera di essere e del modo di vivere, ricerca della saggezza, di un nuovo modo di essere al mondo che consiste nel prendere coscienza di sé come parte della Natura, come particella della Ragione universale” (ivi, p 32 e 166).

Per fare filosofia non basta, dunque, meditare: occorre sforzarsi di assumere abitudini coerenti con le idee che cominciamo ad assimilare, perché – insegna Aristotele – “il giusto diviene tale col compiere azioni giuste e il temperante col compiere azioni temperate: e senza compiere queste azioni nessuno avrà neppure la prospettiva di diventare buono. Ma i più non fanno queste cose, e rifugiandosi invece nella teoria credono di filosofare, e che così diverranno uomini di valore; così facendo, assomigliano a quei malati che ascoltano, sì, attentamente i medici, ma non fanno nulla di quanto viene loro prescritto. Come, dunque, quelli non guariranno il loro corpo se si cureranno in questo modo, così questi la loro anima se faranno filosofia in questa maniera” (Etica Nicomachea 1105b).

Quello di cui parliamo è sicuramente un esercizio molto impegnativo, ma necessario se vogliamo essere padroni del nostro destino perché – ricorda Epitteto – “siamo da molto tempo abituati a fare il contrario di ciò che dovremmo fare, seguendo idee opposte a quelle corrette. Se dunque non cominceremo ad agire secondo le idee che ora abbiamo fatto nostre, lasceremo gli altri arbitri delle nostre vite” (Epitteto, Diatribe II,9,14).

Certo, sono pochi gli uomini che vogliono intraprendere questo cammino e molti quelli che non sono neanche in condizione di intraprenderlo: “come possono – prosegue ancora Hadot – raggiungere questa consapevolezza quei miliardi di uomini oppressi dalla miseria e dalla sofferenza? Essere filosofo non significa anche soffrire per questo isolamento, questo privilegio, questo lusso, e tenere sempre presente allo spirito questo dramma della condizione umana?” (ivi, p 196). Ma forse fare filosofia significa pure sentirsi responsabili di tale vasta parte di umanità.


Anche Francesco Dipalo mi ha inviato il link al suo denso commento, che potete trovare nei commenti dell’appello di Orlando e riporto comunque qui la parte iniziale.

I virus accompagnano l’umanità sin dalla sua comparsa sul pianeta. Come molte altre forme di vita i virus funzionano in maniera parassitaria: per sopravvivere hanno bisogno di un organismo ospite. Dato che l’organismo ospite può soccombere, le loro chance di riproduzione – dunque di sopravvivenza – si fondano sulla “contagiosità”, ovvero sulla più o meno elevata capacità di trasmettersi da un soggetto all’altro. La “virulenza” di un agente patogeno è manifestazione della sua “potenza vitale”, che si esprime, altresì, attraverso la sua “adattabilità” a condizioni differenti. Da qui, le mutazioni adattive cui è soggetto e la possibilità di veicolarsi anche tra specie diverse: da uomo ad animale, da animale a uomo[…].

Il resto dell’articolo lo trovate nel blog di Francesco:
Pandemia da coronavirus: alcuni spunti di riflessione “spinoziani” (e non solo).
Inoltre il suo blog e il suo canale YouTube mettono a disposizione ulteriori riflessioni, che vanno molto oltre la didattica.

Nel frattempo un caro abbraccio a voi tutti, considerando ancora Roccaraso come il nostro punto di convergenza per questo sconvolgente 2020!

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Dopo la laurea in Filosofia e la specializzazione in Scienze storiche e sociali, ha affiancato alla docenza nei licei l'attività di docente a contratto di 'Teoria dell'evoluzione e Politica' presso la facoltà di filosofia dell'Università La Sapienza di Roma, l’attività di saggista e, ancor più negli ultimi anni, la partecipazione a seminari, dibattiti e convegni su tematiche filosofiche ed evoluzionistiche.

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