sabato 2 Dicembre 2023
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Il Covid e l’ambiguità della fede

Volentieri pubblichiamo una recente riflessione dell’amico Guido.

In uno dei suoi ultimi interventi sulla pandemia, Antonio Socci chiarisce che significa “veramente” credere. Lo stesso ha fatto Paolo Brosio nel criticare apertamente il divieto a celebrare messe in pubblico. E’ sintomatico, se non sconcertante invece, che nessun religioso di livello, vescovi e prelati “in primis”, abbia accennato a una reazione a quel divieto. La conclusione è che sono rimasti veramente in pochi a seguire l’autentico messaggio evangelico e sconcerta che cotanto fallimento lo debba scoprire io, un non credente.

Nell’attuale chiesa cattolica, ipocrita, sgangherata e in preda al relativismo o al nichilismo, le regole le decidono ormai solo i buonisti e i materialisti, tutti allineati sul politichese alla “Bergoglio”.

In realtà, credere sarebbe una scelta tremendamente seria e rigorosa, che potrebbe portare anche al martirio. Così avviene ancora oggi per decine di missionari all’anno e così fu per i primi cristiani, campioni di coerenza e coraggio, che avrebbero potuto salvarsi abiurando, ma che invece andarono gioiosi incontro alla morte. E’ qui, in effetti, dove sta il problema “cruciale”. Per il cristiano convinto il valore sommo non può essere la vita terrena, intrinsecamente fragile e insufficiente perché tattica ed effimera. Il suo vero obiettivo, totalizzante e strategico, è decisamente un altro e cioè la salvezza dell’anima, la quale, “proprio grazie alla morte”, trascende e si fonde nell’assoluto. E se per la seconda occorre “giocarsi” la prima, ebbene si gioca e si sacrifica. S’investe un bene inferiore per “conquistarne” uno superiore e non fa una grinza, anche a livello dialettico e razionale. Paradossalmente dilagano iniziative sporadiche e spettacolari, che certo clero emotivo, se non fanatico, attua per combattere il Covid, come fosse la concretizzazione del male. Ed ecco apparire gli elicotteri che portano nei cieli la madonna taumaturgica, o chi grida che la pandemia sia un castigo per le malvagità e l’immoralità, o chi celebra messe clandestine reali o virtuali per invocare la fine della pestilenza, fino a culminare con la patetica ed epocale scampagnata del Papa da solo nelle deserte vie di Roma, verso il crocefisso miracoloso. Povera chiesa cattolica. Da sempre offre ai suoi devoti la speranza e la consolazione “dalla” morte, ma poi, quando davvero serve fermezza ed eroismo, si fa prendere essa stessa dalla viltà e dall’angoscia e cade in tali infantili contraddizioni. Il cristianesimo perde così l’ennesima occasione di rilancio e di progresso verso il suo traguardo supremo e finale, che a dir poco polverizza le miserie terrene, compresa la vita biologica. Qualche audace esorcista ha gridato la soddisfazione del diavolo per le chiese chiuse, ma la ferita sanguinante è l’ennesimo trionfo della morte, che anche per i cristiani, come per gli atei, pare essere l’estremo confine prima della definitiva dissolvenza.

Guido Martinoli, 21/04/2020

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4 Commenti

  1. Cara Simonetta scusami il ritardo, ma vedo solo ora che hai risposto al mio stimolo e ti ringrazio.
    Premetto che una delle “carenze” intrinseche nella posizione atea mi pare sia proprio l’incapacità di sperare. Sarebbe a dir poco incoerente o paradossale, visto che per primo nega alcuno sviluppo o senso escatologico; e s e non c’è continuazione che speranza potrebbe sussistere? Impossibile sperare per l’ateo per definizione, direi.
    Inoltre, che il Papa si affanni così tanto per la difesa e mantenimento della mera vita biologica, che dovrebbe dare a priori come finita, a perdere e “strutturabile” in vista di quella eterna, mi pare contraddittorio se non incoerente. Il suo fine dovrebbe essere la salvezza ma il suo comportamento, come quello della maggioranza dei praticanti, mi lascia qualche serio dubbio, e cioè che, sia il Papa che i cattolici abbiano concretamente capito l’intera avventura terrena, come spiego nel mio testo. La fede è un tantino più serio di quello che pensa il Francesco, ahilui!

  2. L’intervento di Guido riguarda un punto massimamente cruciale e problematico della Fede e della Dottrina cristiane: qual’è il rapporto tra la vita “terrena” e la vita “celeste”; tra il ” tempo” e l”eternità”; tra storia ed escatologia (individuale ed universale). Apparentemente l’interpretazione adottata da Guido sembra pefettamente chiara e coerente: secondo i Cristiani la vita terrena, il tempo, la storia sono solo un preparazione alla vita celeste e all’eternità, unica dimensione che per essi realmente conti.
    Al riguardo si potrebbe preliminiarmente osservare che tali dottrine non sono esclusive del Cristianesimo, nè storicamente sono state elaborate per la prima volta dallo stesso, ma si ritrovano, anteriormente (nell’ambito del pensiero occidentale di derivazione greca) nelle concezioni orfico-pitagorico-platonico-neo platoniche.
    Per quanto riguarda specificamente il messaggio evangelico bisognerebbe poi spiegare come mai la pagina del Vangelo secondo Matteo, concernente i criteri che sarano adottati nel Giudizio Universale, faccia riferimento escusivo ad opere di misericordia corporale, che attengono al bene fisico dell’Uomo e – in ultima analisi- contribuiscono a ritardare la morte, e non facciano alcun riferimento alle cosiddette opere di misericordia spirituale, che riguardano il “bene dell’anima” e preaparano alla vita eterna.
    Bisognerebbe anche chiedersi, in una prospettiva generale che tenga conto dei dati scientifici, perchè siano stati necessari, per Dio, il big-bang e 14 miliardi di evoluzione dell’Universo, del Sistema Solare e della Terra per consentire, finalmente, la comparsa dell’Uomo e l’avvio dei “concorsi” per la conquista della vita eterna.
    Bisognerebbe anche chiedersi se è accettabile razionalmente che tali “concorsi” si esauriscano, inappellabilmente, in un sola prova, consistente in un’unica vita terrena, che puo essere brevissima e/o svolgersi in condizioni di gravissime deprivazioni fisiche e cognitive.
    Bisognerebbe altresì chiedersi come mai Gesù parli di un “Regno di Dio”, che deve crescere nel tempo, cioè edificarsi in una dimensione storica, e, pertanto,
    non può essere visto in una prospettiva (esclusivamente) escatologica giacché nell’eternita non vi è divenire e non può esservi crescita.
    Con queste modestissime riflessioni non ho inteso proporre soluzioni (non ne avrei del resto la capacità e le competenze) ma soltanto far notare, sommessamente, che le cose non sono così chiare e semplici come sembra.

    • Cara Simonetta scusami il ritardo, ma vedo solo ora che hai risposto al mio stimolo e ti ringrazio tanto.
      Premetto che una delle “carenze” intrinseche nella posizione atea mi pare sia proprio l’incapacità di sperare. Sarebbe a dir poco incoerente o paradossale, visto che per primo nega alcuno sviluppo o senso escatologico; e s e non c’è continuazione che speranza potrebbe sussistere? Impossibile sperare per l’ateo per definizione, direi.

      Inoltre, che il Papa si affanni così tanto per la difesa e mantenimento della mera vita biologica, che dovrebbe dare a priori come finita, a perdere e “strutturabile” in vista di quella eterna, mi pare contraddittorio se non incoerente. Il suo fine dovrebbe essere la salvezza ma il suo comportamento, come quello della maggioranza dei praticanti, mi lascia qualche serio dubbio, e cioè che, sia il Papa che i cattolici abbiano concretamente capito l’intera avventura terrena, come spiego nel mio testo. La fede è un tantino più serio di quello che pensa il Francesco, ahilui!

      Caro Mario grazie.
      Direi che ha colto la sostanza del mio testo e ne sono contento.
      Aggiungerei che:
      – il cristianesimo come le religioni in genere, azzardano giustamente sull’aldilà. Nello specifico delle proposte “greche” mi pare però che cotante non si spingano nel veramente oltre o altro, ma semmai nella dimensione dell’onirico, delll’immaginario o del metafisico in senso lato, senza sublimare nel trascendente, che mi pare sia un’originalità biblica o medioevale;
      – di seguito approvo e capisco l’elenco delle ulteriori domande o questioni del tutto legittime, che io non ho nemmeno sfiorato ma che sono inevitabili, latenti e da risolvere. Peraltro sono tutte o quasi collocabili nella dimensione che, alla buona, chiamerei del mistero, cioè quel territorio sconosciuto, che resterebbe tale sempre e comunque e che perciò rende necessaria e giustifica la fede.
      A presto e grazie, Guido

  3. non sono d’accordo con te Guido.Tu credi che per il cristiano convinto l’obiettivo sia” salvarsi l’anima”.il cristiano è un uomo come l’ateo il cristiano spera e cosi anche l’ateo spera
    Che cosa doveva fare il papa? Certamente lui non è Dio. è un uomo, ma io non lo trovo patetico. Che cosa c’è di vile nella preghiera dell’uomo, nel desiderio di superare questo tragico momento che tutti stiamo vivendo con angoscia, forse tu non hai paura? Beato te!Io spero che ne usciamo vivi grazie alla scienza e spero che questo mondo si salvi cambiando stile di vita ma questo lo devono fare tutti!

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