sabato 2 Dicembre 2023
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Sintesi degli interventi (a cura di Elio Rindone)

Viene qui proposta la sintesi degli interventi dei relatori durante le giornate filosofiche a Roccaraso (L’Aquila).

La democrazia è un progetto politico costantemente soggetto al rischio di essere sconfitto dai suoi nemici che, in maniera più o meno nascosta, tendono a corroderne i principi. Ci è sembrato perciò opportuno esaminare il pensiero di quei ‘nemici’ che Popper considera i maggiori rappresentanti del totalitarismo: Platone, Hegel e Marx.

a)     Dopo avere ricordato le origini aristocratiche di Platone, le sue critiche alla democrazia ateniese e il suo apprezzamento, condiviso da Aristotele, per il modello spartano, si propone la lettura e il commento di passi del Politico, delle Leggi e soprattutto della Repubblica. Ci si sofferma, in particolare, sui seguenti punti: i conflitti economici causa della degenerazione, soluzione: necessità dell’eliminazione della proprietà e della famiglia per la casta dei governanti; lo stato di casta è giusto, perché giustizia è che ciascuno faccia ciò che sa fare, rifiuto della giustizia come eguaglianza; la domanda fondamentale per Platone è: ‘chi ha il diritto di governare?’ mentre per Popper è: ‘come liberarsi dei cattivi governanti?’; per Popper i governanti devono favorire il senso critico, per Platone devono indottrinare e anche ingannare i cittadini; i veri governanti sono i filosofi, che devono eliminare chi non può essere educato

Elio Rindone


b)    Hegel (XVIII-XIX secolo) parte dalla preoccupazione, simile a quella di Platone ventitré secoli prima, che la società borghese – coinvolta furiosamente nella prima rivoluzione industriale – possa dissolversi per l’eccesso di conflittualità dovuta agli interessi individuali in gioco. Unica possibilità di sopravvivenza: riconoscere un’istanza etica superiore agli appetiti soggettivi. Tale Principio armonizzatore è, a suo parere, lo stesso Spirito che, sopito nella materia primordiale, si è progressivamente attualizzato e rivelato nelle piante, negli animali, nella storia umana (segnatamente nell’istituzione della famiglia, nella formazione della società e infine – insuperabilmente – nello Stato, da lui considerato “l’ingresso di Dio nel mondo”). Non siamo al totalitarismo novecentesco, anche perché Hegel sosteneva che, al di sopra della sfera politica, l’Assoluto baluginasse nell’arte, nella religione e soprattutto nella filosofia: tuttavia non si può negare che ha lasciato in eredità un’abbondante ‘attrezzatura’ concettuale a cui fascismo, nazismo (e marxismo leninista), nel XX secolo, attingeranno abbondantemente

Augusto Cavadi


c)     Un discorso analogo si può fare a proposito del rapporto tra la filosofia di Marx e le ideologie totalitarie di stampo marxista. A condizione che si tenga ben presente che l’interlocutore “polemico” con cui si confronta Popper a metà del Novecento è piuttosto lo stalinismo sovietico che il pensiero del filosofo di Treviri. Il quale, paradossalmente, nel metodo e nell’euristica assomiglia, per alcuni versi, allo scienziato popperiano, che fa del fallibilismo e dell’apertura scettico-empirica la sua principale linea di ricerca. È lo stesso Marx a rivendicare la scientificità dell’indagine economico-politico-sociologica da lui condotta nelle sue opere principali: Per la critica dell’economia politica (1859) e il Primo Libro de Il Capitale (1867). Allo studio dell’economia-politica e all’indagine sui meccanismi di funzionamento del sistema capitalistico che ruotano intorno ai concetti di valore d’uso vs. valore di scambio e alla teoria dell’origine del plusvalore dal pluslavoro dell’operaio, Marx dedicò gran parte della sua attività di studioso ed è giustamente per questi che andrebbe recuperato e rivisitato oggi. Di contro, la teoria del cosiddetto “materialismo storico”, che rappresenta il principale obiettivo critico di Popper, sebbene se ne trovino alcuni accenni o spunti in opere scritte ma non pubblicate da Marx, p.e. l’Ideologia tedesca, oppure scritte e pubblicate in circostanze storiche particolari e su commissione, p.e. il celebre Manifesto del Partito Comunista, è piuttosto da attribuire all’amico e collaboratore Friedrich Engels e ai marxismi posteriori, da cui Marx, probabilmente, avrebbe preso le distanze.

Francesco Dipalo


d)    All’interno del marxismo non sono mancate le voci critiche che temevano o denunciavano la deriva totalitaria del comunismo, dopo la rivoluzione d’Ottobre in Russia, rivendicando il valore delle istituzioni democratiche. Rosa Luxemburg era convinta che per la classe operaia la democrazia fosse necessaria e indispensabile, perché solo attraverso di essa il proletariato sarebbe divenuto consapevole dei propri interessi e dei propri compiti. Ne “ La rivoluzione russa”, testo scritto a ridosso della rivoluzione ’17, sosteneva che i bolscevichi avevano commesso degli errori, che rischiavano di essere fatali, come lo scioglimento dell’Assemblea costituente nel gennaio del 1918, la soppressione del diritto di voto per alcune categorie sociali, e l’abolizione delle più importanti garanzie democratiche per una sana vita pubblica e per l’attività politica delle masse lavoratrici: libertà di stampa, diritto di associazione e di riunione: “E’ assurdo riservare la libertà politica solo ai partigiani del Governo, ai soli membri di un unico partito – siano numerosi quanto si vuole. Poiché la libertà è sempre soltanto libertà di chi pensa diversamente”. Ernst Bloch si colloca sulla scia di Rosa Luxemburg e propone un “marxismo non ortodosso” rispetto a quello che era affermato negli anni trenta del secolo scorso, sotto l’egemonia dello stalinismo: “Non c’è democrazia senza il socialismo, non c’è socialismo senza democrazia”. La rivoluzione proletaria, secondo il filosofo tedesco, doveva inverare quanto di meglio c’era stato nelle rivoluzioni borghesi: la libertà, come fine della costrizione sociale, l’eguaglianza come possibilità per tutti di sviluppare le proprie facoltà, la fraternità, come solidarietà non offuscata dagli egoismi. Democrazia, eguaglianza e dignità umana erano per Bloch “territori del continente speranza”, estensione di tutto ciò che è in divenire e tende a incarnare l’utopia. Il marxismo di Bloch è il “Marxismo dell’utopia”. E si sviluppa coerentemente all’interno del suo pensiero definito appunto come “Filosofia della Speranza”.

Nell’ambito del pensiero liberal-democratico è stato John Rawls, forse il più importante filosofo politico del XX secolo, a riproporre in termini nuovi il tema del difficile rapporto tra libertà ed eguaglianza (già analizzato in termini critici da K. Marx nell’800). Secondo il pensatore americano una società è giusta se improntata a due principi fondamentali: A) Ogni persona ha lo stesso titolo indefettibile ad uno schema pienamente adeguato di uguali libertà di base compatibile con un identico schema di libertà per tutti gli altri. B) Le diseguaglianze sociali ed economiche devono soddisfare due condizioni: primo, devono essere associate a cariche e posizioni aperte a tutti in condizioni di equa uguaglianza delle opportunità; secondo, devono dare il massimo beneficio ai membri meno avvantaggiati (principio di differenza). Solo se le istituzioni aderiscono a questi principi, saranno considerate giuste. E se non appaiono giuste, è lecita la ribellione, la resistenza civile. Insomma è legittimo che la società civile si muova e s’impegni per renderle più giuste.

Giacomo Vaiarelli

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Uno dei promotori delle Vacanze filosofiche. Docente di storia e filosofia in un liceo classico di Roma, oggi in pensione, ha coltivato anche gli studi teologici, conseguendo il baccellierato in teologia presso la Pontificia Università Lateranense. Per tre anni ha condotto un lavoro di ricerca sul pensiero antico e medievale in Olanda presso l’Università Cattolica di Nijmegen. Ha diverse pubblicazioni, l’ultima delle quali è il volume collettaneo Democrazia. Analisi storico-filosofica di un modello politico controverso (2016). È autore di diversi articoli e contributi su Aquinas, Rivista internazionale di filosofia, Critica liberale, Il Tetto, Libero pensiero.

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